“L’Italia dei droni non va bene” ha esordito Benito Pagnanelli davanti all’ On. Gasparri e alle altre personalità in occasione del convegno inaugurale del Roma Drone Expo&Show che poneva la domanda: “ Dove va a finire l’Italia dei droni? “. Ecco cosa ha detto
Discorso del Dott. Pagnanelli:
Grazie Dr. Castro per avermi invitato ad esprimere un’opinione su questo tema dell’Italia e dei droni. Saluti a tutti i presenti.
Io dovrei rappresentare, qui, il punto di vista di una Società che si interessa di risk management e assicurazioni, ma, sia pure nei pochi minuti concessimi, dovrò necessariamente sconfinare dai limiti della mia pura competenza.
Rispondo subito: l’Italia dei droni non va bene ed è in deficit rispetto alle previsioni di consolidamento e sviluppo fatte quasi tre anni fa. In breve, la raccolta di polizze e premi assicurativi è stata, finora, alquanto inferiore a quanto originariamente stimato; il numero delle polizze annuali emesse per la RCT obbligatoria degli operatori SAPR è stimato intorno alle 700/800 unità per l’intero mercato.
Siamo in presenza di un’assicurazione obbligatoria e ci si può domandare, lecitamente, se questi numeri ci dicano che tutti gli operatori sono effettivamente assicurati e quanti, invece, operano nell’ombra.
Il totale dei premi acquisiti dalle Compagnie, sempre per quanto riguarda la RCT, si aggira sui 500 mila euro. Un solo sinistro da 1 milione assorbirebbe, così, almeno il premio totale di due annualità assicurative. I costi di gestione di questi rischi sono piuttosto alti rispetto al livello dei premi (300-350 euro in media per polizza).
Se si evita di comperare un’assicurazione obbligatoria, figuriamoci quanti sono quelli che si sono coperti per il rischio di danni ai SAPR, per la RC Prodotti, per gli Infortuni, ecc….! Qualcuno risponde che questa scarsa attenzione all’assicurazione è perché i premi sono troppo alti, ma questo non succederebbe se tutti si assicurassero.
I rischi assicurati sono molto pochi e, in questo settore, ci sono tante piccole start-up che sono cresciute recentemente, ma sono molto vulnerabili al soffio di forti venti contrari. È evidente che gli assicuratori italiani non mostrano interesse e appetito per un pezzo di una torta che non c’è e che, oggi, è molto difficile stimare quando ci sarà.
È vero che qualche assicuratore del mercato di Londra sembra invece più interessato, ma questi considerano il mercato italiano come una piccola componente dell’attività che loro svolgono a livello internazionale su più Paesi. Nel complesso, comunque, la competizione tra le grosse Compagnie è molto debole e quella che esiste è a volte discutibile a livello di professionalità.
A mio avviso, la stessa fragilità che vedo nel settore degli operatori va estesa anche al settore dei costruttori. In Italia, esistono poche aziende che abbiano le dimensioni di autosostegno, sia a livello di tecnologia avanzata che di solidità finanziaria. Finché ci limitiamo al settore amatoriale e a quello dei piccoli droni, il Paese è forse in buona posizione, ma, se guardiamo al settore dei droni di peso superiore ai 25 kg, le dita di una mano sono sufficienti a contare il numero di aziende in grado, oggi, di offrire questi prodotti.
Il limite di tempo consentitomi impedirebbe forse di procedere oltre, ma voglio fare ancora qualche considerazione.
Quando un numero di aziende si mette in filiera per realizzare un prodotto sarebbe meglio fare anche una valutazione complessiva delle reali capacità e della solidità finanziaria dei singoli componenti, così da evitare che, se una sola azienda va in crisi, non crolli poi tutta la catena. E l’Italia, purtroppo, di filiere ne ha poche, in confronto con altri Paesi.
Due parole sul piano della regolamentazione. Sicuro, non sarò soddisfacente per tutti. È necessario che ci sia una sola regia europea ed evitare che, in ogni singolo paese, si aspetti di vedere cosa fa l’altro per poi trovare, magari, qualche spunto ed adattare poi ogni volta le proprie regole interne. Questo procedere a cambiamenti continui di regole nei singoli paesi crea una Europa che si va regolando a macchia di leopardo, mentre è necessario pervenire a un regime europeo con regole tutte che siano dello stesso colore. Ogni variazione di queste singole regole crea nuove incertezze e maggiori costi per l’adattamento continuo a chi, professionalmente, è impegnato o vuole impegnarsi nel settore. Le nuove start-up sono ancora fragili e possono cadere.
L’ENAC ha fatto un pregevole tentativo di regolare un’attività prima gestita con disordine, mancanza di professionalità, nessuna attenzione per la sicurezza. I frequenti cambiamenti apportati al testo iniziale del regolamento emanato il Dicembre 2013 sono in parte giustificati dalla necessità di adattarsi meglio, sia alle realtà di chi deve operare professionalmente, sia agli orientamenti che man mano emergono dal cammino dell’EASA e della FAA americana, che anch’esse devono, purtroppo, trovare i consensi delle molte parti coinvolte, spesso portatrici di interessi diversi. Questi cambiamenti nelle regole dell’ENAC portano necessariamente ad una maggiore tutela della sicurezza e della gestione professionale di queste attività ma, come già detto, per chi deve adattarsi e vede un regime troppo mutevole, impegnarsi nel settore non è facile, anche perché i costi connessi aumentano.
Un ultimo commento: l’ENAC fa la sua parte, emana e modifica regole. Cerca democraticamente di avere opinioni e suggerimenti. Ma chi, realmente, rappresenta la controparte? Diverse sono le Associazioni e tantissimi i singoli.
Per facilitare il dialogo e dimostrare, con più forza, perché è rappresentata una intera categoria e non i portatori di singoli interessi, ci sarebbe bisogno di creare, possibilmente, una singola forte associazione. È solo un auspicio!
Conclusione: la raccomandazione molto sintetica della Royal Aeronautical Society di Londra, come si legge sul suo sito, è che bisogna realizzare una registrazione europea e che bisogna fare in fretta. È certamente condivisibile. Altrimenti, bisognerà accettare che, per continuare ad essere utilizzato, in un sistema generale così incerto, il drone si mimetizzi e trasformi camaleonticamente in un simpatico sacchetto nero di plastica quando entra in collisione con un Boeing della British Airways, a quota di 500 metri di altezza, come sarebbe accaduto secondo il ministro inglese che ha dovuto dare spiegazioni alla camera dei Lords per il caso avvenuto sull’aeroporto di Heatrow il 17 Aprile scorso.
Signori, sappiamo tutti che, se c’è un vento di bora, questo è possibile! Lasciatemi passare questa ironia per concludere che c’è ancora molto da fare in questo settore e sarebbe un peccato farsi sfuggire una così grande occasione per nuovi posti di lavoro.
La sensibilità dei rappresentanti governativi qui presenti sarà certo di aiuto a sostenere questa crescita, sia dal punto di vista legislativo che, soprattutto, da quello economico-professionale, insieme, naturalmente, anche alla sensibilità delle altre istituzioni coinvolte.
AUGURI AI TANTI GIOVANI SPERANZOSI DI TROVARE QUI LAVORO!
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