DJI neutralizza un Hack su NFZ e limite altezza aggiornando i droni

DJI neutralizza un Hack su NFZ e limite altezza aggiornando i droni

Il 30 agosto DJI ha pubblicato un aggiornamento firmware siglato 01.02.0020 per il drone FPV le cui release note riportano una sola voce come novità e cioè "Optimized flight safety", ottimizzazione della sicurezza del volo.

Ieri, 2 settembre, DJI ha pubblicato analoghi aggiornamenti firmware per i droni Air 2 (01.01.0650) e Air 2S (02.04.20.60) riportando l'identica unica voce nelle release note. E' presumibile che la stessa cosa avvenga nelle prossime ore per gli altri droni come ad esempio il Mini 2 e il Mavic 2.

Anche se ufficialmente DJI non è andata oltre alla dicitura "Optimized flight safety", i veri motivi di questi aggiornamenti sarebbero da ricondurre alla volontà di neutralizzare un hack messo a disposizione da un servizio a pagamento che permette di creare un falso certificato di sblocco, quindi non emesso da DJI, per volare in qualsiasi no fly zone presente nel sistema GEO DJI  e contestualmente di poter superare il limite dei 500m di altezza rispetto al punto di decollo.

 L'avvertimento del servizio di hacking a pagamento per  sblocco NFZ e altezza massima

Dopo che nel 2015 un Phantom 2 era precipitato nel giardino della Casa Bianca DJI aveva deciso di migliorare e ampliare su scala mondiale il sistema GEO No Fly Zone introdotto nel 2014. Ad oggi è il sistema GEO più avanzato e completo presente sui droni consumer. 

Tuttavia, spesso le zone GEO DJI non coincidono con le zone geografiche UAS ufficiali designate dalle Autorità Aeronautiche. Ad esempio, in Italia il GEO DJI non contempla le zone ATM-09 istituite da ENAC a protezione degli aeroporti e consultabili sulle mappe pubblicate sul sito d-flight che è il riferimento ufficiale, anche se comunque il GEO DJI inibisce il volo sugli aeroporti e limita le altezze massime sotto le traiettorie di decollo e atterraggio.

Chi è autorizzato a condurre un drone in una zona bloccata dal GEO DJI può richiedere lo sblocco seguendo una procedura che sostanzialmente consiste nel farsi identificare e nell'accettare le responsabilità. A seguito di questa azione DJI invia sull'app dell'utente un certificato di sblocco temporaneo per permettere le operazioni. L'Hack in questione permette di creare un falso certificato di sblocco con durata decennale.

Il blocco dei 500 metri di altezza massima è presente su tutti i droni DJI ed è riferito rispetto al punto di decollo. Il regolamento droni invece fissa un limite massimo di 120m (quando non ulteriormente ridotto dalla zona geografica UAS)  rispetto al punto più vicino della superficie a cui si trova il drone in quel momento.

Così dal punto di vista normativo sarebbe possibile condurre un'operazione seguendo il crinale di una montagna portandosi ad esempio a 1000m di altezza rispetto al punto di decollo ma rispettando il limite dei 120m rispetto al crinale. E' il caso di un'operazione BVLOS per l'ispezione di un elettrodotto o di altra infrastruttura lineare che di default non è possibile effettuare con un drone DJI visto il limite dei 500m.

In conclusione il sistema GEO DJI, anche se non corrisponde pienamente alle zone geografiche UAS ufficiali, serve per tentare di ridurre gli utilizzi impropri dell'utente inesperto o poco avezzo ai regolamenti e alle zone geografiche UAS. Può però dare fastidio al professionista autorizzato consapevole che magari si trova in una zona dove non riesce a richiedere lo sblocco per mancata copertura della rete dati o perchè costretto ad attendere  più tempo del previsto a causa di qualche intoppo del sistema DJI. Per questi motivi simili hack riscuotono un discreto successo anche in chi intende condurre le operazioni rispettanto i regolamenti droni e le zone geografiche UAS ufficiali.