Nel panorama delle start-up italiane
che orbitano intorno alla nascente tecnologia dei droni civili ve ne è una che
ha avviato l’attività in tempi non sospetti e che porta avanti un discorso controcorrente. “Noi realizziamo elicotteri veri in miniatura” spiegano con orgoglio i
fondatori di HELICAMPRO, ovvero progettano e costruiscono elicotteri in
configurazione tradizionale, con un solo rotore principale ed uno più piccolo
in coda, motorizzati a scoppio. Per capire le ragioni di questa scelta fuori
dal coro scopriamo qualche dettaglio della loro recente esperienza lavorativa
in Sudafrica in collaborazione con un enorme centro nazionale di ricerca
scientifica e tecnologica.
Lo CSIR (Council for Scientific and
Industrial Research) ha sviluppato una avanzatissima telecamera multispettrale
per l'analisi dei difetti degli isolatori delle linee dell'alta tensione.
Questa telecamera è in grado di sovrapporre con precisione le informazioni
raccolte nelle bande della luce visibile, dell'infrarosso (per la localizzazione
di surriscaldamenti anomali) e dell'ultravioletto (per l’individuazione e –primi
al mondo a riuscirci– la quantificazione di un fenomeno di ionizzazione
chiamato "effetto corona" che avviene in prossimità delle
imperfezioni degli isolatori e comporta una notevole dispersione di energia).
Questa tecnologia è ormai utilizzata con successo nelle ispezioni da terra e,
con cadenza periodica limitata dall'alto costo, imbarcata su elicotteri
pilotati. L'ente nazionale sudafricano di produzione e distribuzione
dell'energia elettrica, la Eskom, ha commissionato allo CSIR la realizzazione
di un velivolo autonomo in grado di trasportare la strumentazione e così
abbattere i costi di esercizio, permettendo di intensificare il piano di
ispezioni e conseguentemente ridurre le perdite economiche e i disservizi.
Per raggiungere questo obiettivo era
necessario un velivolo in grado di rispettare alcune specifiche: autonomia di
almeno 1 h, capacità di carico di almeno 8 kg, affidabilità con poca
manutenzione, volo autonomo programmabile (comprensivo di decollo, volo
traslato, hovering e atterraggio) in prossimità di linee dell’alta tensione, il
tutto a 1700 metri di altitudine. Infine il costo doveva rimanere paragonabile
a quello di una bella automobile. Varie ipotesi sono state prese in
considerazione e infine scartate: i velivoli ad ala fissa non possono
avvicinarsi né soprattutto sostare presso i piloni, gli aerostati sono troppo
lenti e soggetti al vento, gli elicotteri con motore a turbina hanno costi,
consumi e manutenzione esagerati. Ovvio che l’interesse si sia quindi spostato
sui protagonisti di questo periodo, i multirotori elettrici, dunque facciamoci
spiegare perché anche questa possibilità è stata ritenuta inadeguata. “I
quadricotteri, esacotteri, ottocotteri eccetera, che noi per primi apprezziamo
in altre situazioni per la loro semplicità e praticità, sono tutti accomunati
da un grave tallone d’Achille: le batterie. Ormai da anni la densità di energia
delle migliori batterie LiPo viene incrementata solo di qualche punto
percentuale. Migliorano la velocità di carica e scarica ed altri aspetti, ma
finché un salto tecnologico non consentirà un significativo aumento della
capacità (ed è difficile aspettarselo prima dei prossimi 10-15 anni) resterà
impossibile ottenere contemporaneamente da un mezzo elettrico una autonomia
significativa e un payload importante: o uno o l’altro!”. Effettivamente,
rileggendo le specifiche del progetto, è difficile immaginare un multirotore in
grado di soddisfarle. “Ammesso e non concesso di riuscirci, restano altri
aspetti svantaggiosi: il costo notevole che avrebbe un parco batterie minimo
per consentire un flusso continuativo di lavoro, la necessità di sostituirlo
integralmente a cadenza almeno annuale, la scomodità delle continue ricariche e
sostituzioni, la sensibilità alla temperatura... È per questi motivi che le
autovetture elettriche stanno incontrando tante difficoltà a superare la fase
di prototipazione per ritagliarsi uno spazio nel mondo del mercato, figuriamoci
quanto più lunga sarà la strada per rendere l’elettricità una realtà fra i
mezzi volanti!”.
Ecco perché HELICAMPRO rimane fedele
ad una tecnologia che si dimostra tutt’altro che superata. L’elicottero scelto
dallo CSIR in Sudafrica in particolare ha un rotore principale di circa 2 metri
e mezzo ed è motorizzato a scoppio con un 110 cc sovralimetato a 4 tempi,
progettato e prodotto dall’italiana Merlino Supertec specificamente per l’uso
su UAV. In questo modo l’autonomia (con l’equipaggiamento di lavoro a bordo)
raggiunge l’ora di volo con un litro e mezzo di comune benzina verde, e
potrebbe essere aumentata imbarcando più carburante. Ma uno dei punti di forza
di questa eccellenza italiana radicata nel territorio bergamasco è la capacità
di progettare e realizzare i propri velivoli in funzione delle specifiche
necessità del cliente. “Non abbiamo una produzione in serie di mezzi tutti
uguali, non è il processo adatto per il tipo di mercato a cui sono destinati i
nostri prodotti. Dev’essere l’elicottero che si adatta al particolare lavoro
che deve svolgere, non il contrario, e non esiste un lavoro uguale a un altro”.
Ma per progettare un mezzo su misura sono necessarie competenze che si maturano
in anni di esperienza: “noi non crediamo che gli elicotteri tradizionali siano
meno di moda adesso rispetto a qualche anno fa: sono mezzi complicati la cui
realizzazione è sempre stata alla portata solo di chi ha investito tempo ed
energie per maturare lo specifico know-how! La parte meccanica di un
multirotore è molto più semplice. Il motivo per cui solo ultimamente questi
mezzi stanno venendo alla ribalta è la disponibilità di piattaforme
elettroniche in grado di stabilizzarli e renderli pilotabili, cosa impossibile
fino a pochi anni fa. Motori elettrici ed eliche a passo fisso non sono certo
una novità recente! La semplicità d’uso che grazie all’elettronica incontra
l’utente finale di un multirotore, e se vogliamo anche la possibilità di
costruirne uno da parte di chi sia dotato di sufficiente spirito di iniziativa
e minime capacità tecniche, determinano la meritata popolarità di questi mezzi,
che però come abbiamo detto hanno dei limiti che li rendono inadatti in alcuni
campi applicativi. È in questi casi che vale lo sforzo di realizzare mezzi
molto più complessi come i nostri elicotteri monorotore a scoppio, vere
macchine aerodinamiche per loro natura più stabili ed efficienti. E ci teniamo
a precisare che non stiamo parlando di giocattoli: diverso è mettere insieme un
modello ludico che volerà 10-15 ore all’anno (questo dicono le statistiche) e
che può permettersi di avere dei cedimenti, e diverso è progettare un mezzo da
lavoro come quello in Sudafrica a cui si chiede di operare in sicurezza per 20
ore alla settimana! Sono necessari appunto i criteri propri dell’aeronautica”.
Infatti i loro velivoli sono realizzati con materiali garantiti e con
componenti industriali scelti nel dettaglio, spesso anzi realizzati ad hoc
secondo le loro specifiche, la cui vita operativa è attentamente calcolata e/o
simulata con software strutturali. All’acquisto viene consegnata una tabella di
manutenzione seguendo la quale si garantisce il funzionamento in sicurezza del
sistema, oltre ovviamente ai manuali operativo e di volo per il suo uso.
Un altro aspetto che in HELICAMPRO non
viene sottovalutato è la piattaforma di pilotaggio autonomo. Per le complesse
missioni che lo CSIR intende realizzare era necessaria un’elettronica di
controllo di livello professionale, in grado non solo di gestire il volo con
prestazioni di eccellenza, ma anche di occuparsi dei sistemi di bordo,
equipaggiamento di lavoro compreso. “Al mondo i prodotti con queste
caratteristiche sono quasi tutti o riservati al mondo militare, o progettati
per l’aviazione civile con prezzi e pesi proibitivi nel contesto degli
aeromobili a pilotaggio remoto. E in ogni caso non esistono soluzioni pronte al
volo: sono necessarie approfondite competenze di tipo fisico, matematico,
elettronico e meccanico per integrare il sistema sul particolare velivolo da
rendere autonomo. Come se non bastasse piattaforme così sensibili hanno delle
esigenze particolari, per cui molte caratteristiche di un elicottero,
trascurabili in altri ambiti, sono cruciali per ottenere buone performance di
volo autonomo. Questi fattori devono essere tenuti in considerazione in fase di
progettazione del mezzo, e questo è un altro aspetto su cui abbiamo
perfezionato la nostra preparazione negli anni”. Ecco cosa li ha portati
nell’altro emisfero della Terra: “ad attirare l’attenzione su di noi è stata
proprio la nostra familiarità con i prodotti Micropilot (azienda canadese
leader del mercato e pioniera nei sistemi di pilotaggio per ala rotante)
testimoniata dai nostri video caricati in rete già alcuni anni fa e che sono
ancora oggi fra i pochi a mostrare concretamente un sistema di questo livello
perfettamente funzionante.”
Ovviamente fra i programmi di
HELICAMPRO c’è quello di ripetere in Italia il successo dell’esperienza fatta
all’estero. “La telecamera multispettrale che abbiamo imbarcato sull’elicottero
è un prodotto eccezionale ed è il valore aggiunto che abbiamo incontrato in
Sudafrica. Rappresenta il tassello fondamentale per il passaggio ad un sistema
ready-to-work pronto ad essere offerto sul mercato, in Italia come nel resto
del mondo.” Ma il contesto italiano è adatto? “Geograficamente parlando
l’Italia, anche se meno estesa, trarrebbe ancora maggiore beneficio
dall’introduzione dei mezzi senza pilota per l’ispezione delle linee
elettriche. Questo perché il nostro territorio è maggiormente caratterizzato da
zone difficilmente raggiungibili via terra e quindi trarremmo grande vantaggio
dall’eliminazione della necessità di recarvisi personalmente. E le stesse zone,
in quanto solitamente poco popolate, sarebbero anche quelle intrinsecamente più
sicure e quindi ideali per un’introduzione graduale della tecnologia che ne
consenta un periodo di rodaggio”. A questo proposito, la situazione normativa
italiana è un aspetto da non sottovalutare, in quanto i tempi e le energie necessarie
per ottenere i permessi per avviare attività di tipo fortemente sperimentale
non sono particolarmente favorevoli. Forse questo è fra i fattori che
spaventano gli investitori, “ma è anche la stessa mentalità italiana che è
profondamente cambiata, probabilmente più che altrove, complice la grave crisi
economica. In Sudafrica hanno conservato il coraggio di investire per primi in
nuove tecnologie, un atteggiamento lungimirante che in Italia sta diventando
sempre più raro, ed è un peccato soprattutto in presenza di una tecnologia i
cui tempi di ricaduta positiva sarebbero, se non immediati, estremamente brevi
rispetto a molti altri settori di innovazione industriale. Noi stiamo facendo
del nostro meglio per non doverci unire ai cervelli in fuga, che poi fatichiamo
per riportare in Italia quando sarebbe stato più facile innanzitutto non fare
scappare! Speriamo che l’esempio dei risultati ottenuti altrove renda più
facile che il valore di questo made in
Italy sia riconosciuto anche in casa!”
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